Modernità dei paradossi di Zenone

xantox, 17 Gennaio 2007 in Filosofia

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Vi sono due modi di interpretare i paradossi di Zenone di Elea (c. 470 a.C.).1

Il primo è che Zenone non nega il movimento, ma piuttosto ne contesta la continuità, che è ciò che produce un paradosso. In tal senso, si può considerare che si tratti di una forma di difficoltà tecnica, e che il problema può essere facilmente risolto con il calcolo infinitesimale o come somma convergente di una serie geometrica. Questa interpretazione è tuttavia reduttrice, in quanto postula arbitrariamente l’esistenza del movimento e si concentra sul solo argomento tecnico della coerenza della continuità, che è appunto un problema matematico e non fisico o filosofico. Bisogna notare qui che non si può veramente provare che Zenone abbia voluto contraddire che la somma di una serie infinita possa essere finita, la menzione “tempo finito” che appare nella trascrizione dei paradossi2 potrebbe essere un’interpretazione di Aristotele.

La seconda interpretazione è che Zenone nega fondamentalmente il movimento, nel senso ultramoderno di Parmenide, per il quale ogni cambiamento è illusorio ed il mondo è statico ed eterno. Non nega l’apparenza del movimento, ma la sua realtà. I paradossi si manifestano dunque più profondamente, nel confronto fra il fenomeno del movimento e la sua scomparsa implicata dall’analisi approfondita del suo modello : che esso sia continuo (dicotomia) o discontinuo (freccia). La domanda posta diventa allora una domanda puramente fisica, la cui risposta si deve iscrivere in una teoria fisica : perché l’esperienza del movimento se il movimento appare logicamente impossibile?

Nel modello continuo classico, la freccia deve assumere un’infinità di stati per percorrere la distanza fra due punti. Se una tale separazione infinita fra ogni coppia di avvenimenti, modellizzata dall’assenza di successore di un numero reale, equivale o no al loro isolamento fisico, è una domanda fisica, su uno stesso piano di ragionamento che le idee sulla ‘catastrofe ultravioletta’ che portarono alla meccanica quantistica.3 Se la divisibilità infinita è matematicamente coerente, essa non è necessariamente fisicamente significativa (cfr anche il paradosso di Banach-Tarski).4 Questa immagine cambia con la meccanica quantistica in quanto, secondo il principio di Heisenberg, una particella con un movimento determinato non ha una posizione determinata. Si può anche notare con interesse che Zenone presta il suo nome a un effetto quantistico descritto dal teorema di Misra-Sudarshan :5 se si osserva continuamente se una “freccia quantistica” ha lasciato la regione di spazio che occupa, allora essa non lascerà effettivamente mai questa regione per effetto dell’osservazione stessa.

In un modello discreto (paradosso della freccia), l’argomento di Zenone è ancora più forte, e si ritrova riformulato in gravitazione quantistica a loop, dove il tempo è considerato una variabile di pura gauge, ciò che implica la sua inesistenza fondamentale.6


  1. • DICOTOMIA: Il movimento è impossibile, in quanto prima di arrivare alla fine, ciò che si muove deve prima di tutto arrivare a metà, e cosi vià all’infinito.
    • ACHILLE : La tartaruga più lenta non può essere raggiunta dal più rapido Achille, in quanto lui deve prima di tutto raggiungere il punto dove era la tartaruga, ma nel frattempo essa avrà già lasciato questo punto, e così via all’infinito.
    • LA FRECCIA : Una freccia lanciata con un arco occupa quando è ferma uno spazio uguale a esso, e quando è in movimento occupa sempre un tale spazio a ogni istante, la freccia in volo è dunque immobile. []
  2. Aristotele, “Fisica”, VI:9 []
  3. A. Einstein, “Über einen die Erzeugung und Verwandlung des Lichtes betreffenden heuristischen Gesichtspunkt” (”On a Heuristic Viewpoint Concerning the Production and Transformation of Light“), Annalen Der Physik, 1905. []
  4. S. Banach, A. Tarski, “Sur la décomposition des ensembles de points en parties respectivement congruentes”, Fundamenta Mathematicae, 6, 244-277 (1924) []
  5. B. Misra, E. C. G. Sudarshan, “The Zeno’s paradox in quantum theory“, Journal of Mathematical Physics, 18, 4, 756-763 (1977) []
  6. J. Barbour, “The end of time“, Oxford University Press (2001) []

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